da: ilventredellarchitetto.it
Se non hai mai assaggiato anche solo uno dei suoi piatti, fai fatica a capire sino in fondo quel magma di slogan, pensieri e concetti che stenta a contenere e poi, fortunatamente, illumina con l’ironia e l’intelligenza degli occhi quasi a esorcizzare la possibile inclinazione demagogica delle parole. Lungi da lui essere e incarnare profezie, soluzioni e dettami; apparire come il messia che arriva a indicarti la strada; confezionare kit di sopravvivenza quotidiana nel caos imperante.
Arrivato – anzi, tornato – a Napoli cogliendo l’invito di Maurizio Cortese a presentare il suo libro “Vieni in Italia con me” sotto la linea gotica, Massimo Bottura tutto vuole essere tranne che un messia circonfuso di autoreferenzialità. Abbandona subito il tavolo per appropriarsi dello stage ma non per esibirsi in uno sterile show ma per accorciare la distanza fisica dal pubblico e farselo immediatamente intimo, empatico, ricettivo e interlocutorio. E permeabile alle sue riflessioni ad alta voce, ai suoi concetti che replica sotto mille e sempre diverse spoglie per crederci in prima persona e poi far credere a chi li ascolta.
Assaggiare, dicevo. E sì, perché immaginare come reali e tangibili i suoi piatti, le riflessioni che hanno portato al loro concepimento e quindi alla loro realizzazione, le suggestioni rapite all’arte nelle sue migliori espressioni e il contagioso entusiasmo che ne consegue non è certo facile. Così come non è facile sentirsi descrivere la genesi di “Omaggio a Monk”, o di “Ops! Mi è caduta la crostata al limone” o di “Camouflage” e sentirsene partecipi sino in fondo condividendo il suo stupore quasi infantile e il suo entusiasmo.
Leggi tutto su: www.ilventredellarchitetto.it