Un ristorante grande quanto una stanza, dove dentro c’è tutto, sala e cucina, zona lavaggio inclusa.
Lui è Akihiro Horikoshi, scarsi vent’anni trascorsi in uno dei più rinomati ristoranti parigini, l’Ambroisie.
La sua “La Table d’Aki” è la risposta a chi sostiene, in molti casi con qualche cognizione di causa, che i ristoranti stellati guadagnino poco o a volte per niente.
il suo ristorante, nemmeno venti posti a sedere, si avvale della mano d’opera di sole due persone: lui, Aki, e una ragazza in sala, cioè all’ingresso.
La cucina non è a vista, come capita di frequente nei ristoranti più modaioli, ma in pratica ci sei dentro. Il cuoco, tre persone in una, chef, sous chef, e anche lavapiatti, tutto in diretta, sembra quasi robottizzato, non concedendo agli ospiti nemmeno un veloce sguardo.
Ogni cosa, al “La Table d’Aki, è espresso in sintesi.
Tutto il resto è in linea, pochi piatti, ma buoni. La carta dei vini? E’ proprio una carta, nel senso di un foglio.
Il conto, ovviamente, non è pretenzioso.
Un’esperienza insolita, però da provare.
Al numero 49 della Rue Vaneau.