I crocché di patate sono una cosa seria!

Lei si chiama Adele, è la mamma del mio caro amico Enzo Nerini.
Sa fare i crocché di patate.
Quelli buoni, quelli che ti restano impressi nella memoria.
Perché i crocché sono una cosa seria.
Tutto è cominciato un bel po’ d’anni fa.
“Come sa fare i crocché mia mamma”, “come li sa fare mia moglie” ripeteva a supporto il marito Federico.
E io, negli anni, senza avere il piacere di provarli ancora, li ho sfidati, padre e figlio.
Li ho portati nella trattoria ‘e curti, a Sant’Anastasia, il tempio dei crocché cucinati vecchia maniera, senza impanatura, poi alla pizzeria Pellone, al Vasto, dove dietro al classico “banco” troneggia Genny, grande pusher di crocché, frittatine e pizze piegate “a portafoglio”.
Niente da fare.
Federico, il marito di Adele, uomo navigato e di poche parole, mimica scarpettiana, ha sempre emesso la solita e puntuale sentenza: “Buoni, ottimi, ma li sa fare meglio mia moglie”.
Ma io, non soddisfatto, ho indagato ancora.
Ho interrogato allora le due nuore, Emilia e Gabriella, perché se l’avessero confermato anche loro allora non ci sarebbe stato più nessun dubbio.
E così è stato.
Allora, per capire meglio il personaggio Adele, ho cominciato a informarmi sulla sua vita, sulla sua storia, convinto come sono, da sempre, che cuochi e cuoche ne abbiano sempre una da raccontare.
Mi aveva molto divertito un aneddoto raccontatomi dal figlio Enzo.
“Mia mamma è stata un’ottima cuoca e un’ottima donna, mamma e moglie, ha anche aiutato molto mio padre agli inizi del loro matrimonio, prima che crescesse l’azienda di famiglia. E’ stata una grande giocatrice di poker, appuntava tutte le sue vincite su un quaderno, in modo scientifico.
Oltre alle patate pelava, puntualmente, tutte le signore del quartiere Posillipo, dove noi abitavamo. Aveva il suo talismano, un tassista di fiducia, al quale tutti i giorni si rivolgeva. “Dove andiamo oggi, Signora?” E andavano insieme a fare danni.
“Con quei soldi che si guadagnava è riuscita anche a farci fare le vacanze estive”.
Per essere dei bravi cuochi c’è bisogno anche di tanta e sana “cazzimma”, me ne sono accorto ieri sera, quando mi ha spiegato la ricetta dei suoi crocché.
“Le patate devono essere vecchie, quelle gialle, altrimenti non vengono bene, e poi gli ingredienti bisogna dosarli bene”.
E poi, ancora, tanti piccoli segreti.
Ieri sera ho rinunciato al resto della cena, spaghetti di Gragnano con le cozze, il fritto di pesce e non so cosa altro, per onorare fino in fondo i crocché di Adele.
Per decenza non ho contato quanti ne ho mangiati, quelli ufficiali, perché Adele mentre gli altri facevano “salotto” me ne ha passati un paio sottobanco, mentre li friggeva.
“Vieni qui, zitto zitto sennò se ne accorgono, questi sono per te”.
Che Dio l’abbia in gloria.

 

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